Diversity, la discriminazione femminile ha cambiato nome.
- Florinda Forgione - Life & Mental Coach
- 10 apr 2023
- Tempo di lettura: 4 min
La discriminazione verso le donne è ancora molto presente soprattutto quando si tratta di ambiente lavorativo. Non si usano più le armi di una volta, ma questa nuova forma di discriminazione si nasconde dietro l’ironia, le battuttine, la ‘quota rosa’, il poco spazio che viene realmente concesso, le non promozioni, e quell’atroce politica chiamata ‘diversity’.
Le aziende nascono di base maschili e maschiliste e gli viene chiesto di cambiare, di diventare più eterogenee, più aperte, più rosa. Questa cosa viene vissuta nella maggior parte dei casi come una forzatura, come un obiettivo da raggiungere, come una lavoro da svolgere e non come un reale cambio di mentalità.
Ed ecco che la diversity diventa l’arma per trattare le donne come un task da raggiungere e a cui mettere la spunta verde. Ecco che le donne che riescono ad ottenere delle posizioni di responsabilità poi vengono additate come quelle che sono state promosse perché donne, perché si aveva la necessità di trovare una “quota rosa” perché bisognava dimostrare di essere capaci di aggiungere del “colore” a quei tavoli troppo grigi.
Ed ecco che siamo state trasformate in un obiettivo, ed ecco che il nostro merito e il duro lavoro che abbiamo fatto per dimostrare quando siamo in gamba e meritevoli di quella posizione scompare davanti alla necessità dell’azienda di dover rispettare le nuove regole e portare a termine quest’obiettivo.
La richiesta di ‘diversity’ ci ha rese anche più esposte e diverse che mai.
Rimane poi una grande base di stereotipi che fanno ancora parte del comune pensare, e sul luogo di lavoro esistono molteplici tipi di discriminazione.
Stereotipi di genere: ancora oggi i pregiudizi culturali e sociali riguardanti il genere possono portare a stereotipi, come quello secondo cui le donne non sono in grado di essere leader efficaci, perché troppo gentili, troppo morbide, o di avere successo in ambiti tradizionalmente maschili. Questi stereotipi sono purtroppo ancora parte della mentalità comune, ben nascosta o meno nascosta e possono portare a discriminazioni di genere in ogni fase lavorativa sia nel processo di selezione, sia in quello di promozione e soprattutto in maniera molto evidente per quanto riguarda la differenza di retribuzione tra uomini e donne che svolgono un ruolo di pari livello, ma percepiscono uno stipendio completamente diverso.
Disuguaglianza nella retribuzione: Le donne vengono nella maggior parte dei casi retribuite meno degli uomini per lo stesso lavoro svolto, stesse responsabilità, stesso livello di ruolo, e cosa estremamente grave questo viola le leggi sulle pari opportunità, cosa che le aziende tendono sempre a nascondere o a giustificare. Questa disuguaglianza è il risultato di molteplici fattori già citati, tra cui pregiudizi di genere e stereotipi, tra cui anche il molto più complesso percorso che una donna ha dovuto fare per poter arrivare li, con una penalizzazione economica che è partita fin dal principio e difficilmente recuperabile negli anni. A questo si aggiungono inoltre le differenze nel livello di esperienza lavorativa a cui si è potuto accedere durante la crescita professionale.
Poca e quasi rara rappresentanza delle donne nelle posizioni di leadership: Le donne sono ancora estremamente sotto rappresentate nelle posizioni di leadership, come quella di CEO, o le posizioni dirigenziali e questo può perpetuare l’idea che le donne non siano adatte a ruoli di autorità. Basta guardarsi intorno, basta osservare i cda delle grandi aziende, che ne sono l’esempio perfetto, una schiera di cravatte e completi grigi. Questa mancanza di rappresentanza limita ancor di più le opportunità per le donne di raggiungere posizioni di potere e influenzare i cambiamenti non solo nel loro ambiente di lavoro ma anche nella società.
Discriminazione di maternità: arriviamo a parlare di quelle eroine che non solo portano avanti la propria carriera, ma sono anche madri e si occupano di crescere degli altri essere umani. Le donne che hanno figli ancora oggi subiscono discriminazione, poiché alcuni datori di lavoro partono dal presupposto che le donne che hanno figli sono meno disponibili o meno impegnate rispetto ai loro colleghi maschi. Nulla vale tutti i salti mortali, le agende incastrate e il tempo che queste donne sacrificano non trascorrendolo con i propri figli, ma stando a lavoro a fare straordinari proprio per combattere contro questo modo di pensare e per dimostrare invece di poter fare tutto e bene.
Stigmi associati ai ruoli tradizionali delle donne: Si da ancora per scontato che le donne possano lavorare solo in campi tradizionalmente femminili, come la cura dei bambini o degli anziani, pensando ad una grande azienda che le donne siano più adatte al marketing che alle vendite per esempio. E’ una forma di discriminazione più sottile e diversa ma lo è tuttora perché questi lavori possono essere sottopagati e poco valorizzati.
La discriminazione di genere sul luogo di lavoro è un fenomeno complesso e multiforme, tutt’altro che superato, con radici profonde nella nostra cultura e società. È importante che le aziende, il mondo del lavoro in generale e la società nel suo insieme lavorino insieme per affrontare questi problemi e creare un ambiente di lavoro davvero equo e inclusivo per tutti e che le donne possano avere l’opportunità di crescere professionalmente e di avere le opportunità che meritano.
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